Nel ripercorrere la storia dei luoghi in abbandono si torna alle premesse che hanno portato all’istituzione, fondazione, realizzazione di quanto è oggetto di ricerca, consultando numerosi e non sempre utili documenti per ricavarne almeno l’essenziale. Dal poco trovato nei siti web e documenti, ritenuti affidabili, si è resa possibile una sintesi dell'origine e del destino di questo edificio posto in territorio romagnolo, visitato nell'anno 2010.
La casa dei lavoratori portuali di Dovadola era un’opera sociale, una struttura dedicata al soggiorno dei lavoratori assistiti dalle Compagnie Gruppi Portuali. Fu realizzata negli anni Sessanta durante la fase di crescita economica di una nazione in cui si misero a disposizione dell’assistenzialismo fondi che sembravano infiniti, elargizioni come numerose altre che hanno determinato successivamente costi non sostenibili..
L’edificio doveva fornire 120 alloggi durante il periodo di soggiorno dei lavoratori in una struttura convenzionata con le vicine Terme di Castrocaro.
La sua realizzazione copre l’arco temporale tra il 1963 e 1969, con successivo ampliamento nel 1972 e l’aggiunta di un secondo fabbricato nel 1973.
Come riportato in apertura i costi erano sostenuti da interventi assistenziali del "Fondo assistenza sociale lavoratori portuali", istituito nel 1967.
Nel Rendiconto generale dell’amministrazione dello Stato del 1975 si legge: “… anche la spesa riguardante le cure termali ha subito un incremento di lire 24.054.715, per effetto del rinnovo delle convenzioni relative al vitto ed alloggio ed alle prestazioni curative assicurate ai lavoratori portuali dalla S.p.A. Terme di Castrocaro. Per quanto concerne, in particolare, la « Casa di Soggiorno » di Dovadola, ove vengono ospitati a spese del Fondo i lavoratori portuali da avviare alle cure termali presso le vicine Terme di Castrocaro, pur essendo rimasto sostanzialmente invariato sia il numero dei lavoratori ospitati che delle giornate di presenza, la spesa ha subito un incremento di circa lire 17.000.000 a causa dell'aumento della quota giornaliera per vitto ed alloggio, la cui misura è stata elevata, con delibera del Comitato di Amministrazione del 10 aprile 1975, da lire 3.900 a lire 4.600.”.
Nel 1981 tale Fondo è sostituito dal “Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali” ma senza arrestare quel percorso che porterà progressivamente alla sua abolizione, sorte seguita negli anni per altri fondi assistenziali, andando a gravare in più situazioni sui conti in positivo dell’INPS, data la loro situazione economica. La casa dei lavoratori portuali è citata nella stessa legge con cui si sopprime il Fondo, nell’attribuzione degli incarichi al liquidatore (“… a svolgere tutte le operazioni relative agli adempimenti in scadenza al 31 dicembre 1992, ivi compresi gli adempimenti contrattuali inerenti la prosecuzione della gestione della casa di soggiorno per lavoratori portuali in Dovadola fino al predetto termine”.) Nel testo della legge n°84 del 28 gennaio 1994 si imponeva "...a carico degli speditori e ricevitori di merci nonche' delle imprese autorizzate all'esercizio di operazioni portuali un contributo in misura non superiore a lire 40 per ogni tonnellata di merce imbarcata o sbarcata...Il gettito derivante dall'applicazione del contributo e' destinato all'assistenza ed alla tutela della integrita' fisica dei lavoratori delle imprese operanti in porto e delle loro famiglie, ivi compresa la gestione ed amministrazione della Casa di soggiorno per lavoratori portuali nel comune di Dovadola..). Nel testo di legge di modifica successivo il riferimento alla casa di soggiorno è stato rimosso.
L’attività alberghiera della struttura continua fino al 1995, anno della chiusura e della condanna al progressivo abbandono. La proprietà demaniale, più precisamente del Ministero della Marina Mercantile fino al 1993, poi confluito nel Ministero dei Trasporti e della Navigazione, sarà oggetto di liquidazione.
Negli anni che precedono e seguono la chiusura si aprono anche due procedure di infrazione da parte della Commissione Europea per aiuti di Stato al settore portuale. Alla base di tale procedimento il documento riporta: "..Le varie leggi di riforma del settore portuale hanno fatto affluire, nel corso degli anni, un consistente volume di aiuti pubblici, miranti in particolare ad agevolare il pensionamento di lavoratori portuali in esubero, ad allineare il regime previdenziale specifico del settore al sistema previdenziale obbligatorio dei lavoratori dipendenti in Italia, nonché ad assicurare la copertura dei deficit gestionali registrati dalle imprese portuali e dalle compagnie e gruppi portuali...". Solo un riordino della legislazione porterà nel 2001 alla chiusura delle procedure di infrazione.
Ciò che restava del grosso edificio era una rigogliosa vegetazione che avvolgeva strutture devastate dal tempo e dall’incuria, immagine rappresentativa di un passato fatto di storie personali di chi vi ha soggiornato, ma anche di pratiche politiche ed economiche che sono costate al bilancio dello Stato una enorme somma, quella che un tempo si contabilizzava in miliardi di lire.
Il Comune di Dovadola al tempo del Governo Renzi propose che la struttura fosse ceduta dal Demanio a titolo gratuito affinchè l'Amministrazione locale potesse renderla disponibile in comodato gratuito per un progetto di recupero, ad esempio nel settore sociale e sanitario. A questo scopo nel mese di ottobre e novembre 2003 erano anche state avanzate interrogazioni a risposta scritta da due deputati (fonte sito web dati della Camera dei Deputati).
La Casa del Portuale era anche stata messa all'asta dal Ministero dei trasporti con base d'asta a Euro 4 milioni (GU 1 dicembre 2006) per la quale non è stato possibile reperire informazioni sull'esito.
FONTI
Articolo del Comune di Dovadola
Libro online su Issuu: "Lavoratori del Porto per il Porto"
Rendiconto Generale dello Stato 1975
Asta Ministero dei Trasporti su G.U.
GALLERIA (campagna fotografica 2010)