Vivere a Chernobyl
Nel raccontare dei giorni vissuti nella zona di esclusione è necessario inserire una parentesi di chiarimento, per soddisfare la curiosità di alcuni, e per dovere di documentazione. E trattandosi di Chernobyl, l’articolo rappresenta l’apertura e la chiusura del periodo trascorso nella zona di esclusione.
Raccontare di una giornata a Chernobyl è necessario anche per mitigare il nero alone che sovrasta questa città nell’immaginario popolare.
Comune è la domanda: ma come si vive a Chernobyl? La mia risposta è: “meglio che in alcuni luoghi d’Italia. C’è tanto di quel verde e natura che il paragone con la cementificazione e le polveri sottili della Brianza farebbe sorgere numerosi dubbi sulla scelta. Con una distinzione…
L’oggetto dell’attenzione è sempre il medesimo: la radioattività. A Chernobyl la radioattività ambientale non si distingue molto per intensità da quella misurata normalmente in altri luoghi del pianeta. Quanto ai rischi derivanti dall’inicidente nucleare essi sono di diversa natura, ma sono principalmente dovuti a oggetti contaminati eventualmente in stato di abbandono, alle scarse regole di controllo, ed alle situazioni in cui eventuali polveri contaminate possano sollevarsi nell’aria ma ciò è del tutto casuale. La misura della radioattività ambientale esclude situazioni di esposizione rischiosa nella città, diversa la situazione e da verificare per ogni singolo sito. Altro aspetto è relativo all’alimentazione. In questo caso si deve sperare che chi cucina sappia qual è l’origine dell’alimento, ma ciò vale per qualunque zona dell’Ucraina dove potrebbero essere esportati determinati alimenti coltivati in zone contaminate, e più soggetti al rischio, come frutti di bosco, funghi, latte, ecc.
Come si vive quindi a Chernobyl? Relativamente bene, salvo la noia di risiedere in un luogo dove non c’è nulla da fare. La radioattività è un problema che non si pone con la breve permanenza nelle aree circostanti, adottando misure cautelative.
Chernobyl è una piccola cittadina, con una storia antica, millenaria, che corre parallela a quella dell’Ucraina.
Arrivando si scorgono piccole palazzine di incerta abitazione, attorno è possibile incontrare qualche abitante, poche sono le auto di passaggio. Sono presenti prevalentemente operai, militari, paramilitari in servizio nella zona, oltre ad alcune famiglie locali.
I visitatori a Chernobyl alloggiano in un piccolo edificio prefabbricato. La sistemazione è decente, le stanze sufficientemente ampie, con un piccolo salotto, tv, frigorifero, bagno più doccia. In figura con il numero (1) si indica questo residence\ostello, con (2) il luogo dedicato alla cucina. L’unico transito consentito, senza accompagnamento della guardia, è da 1 a 2 e ritorno.
In Ucraina la colazione è stata una delle sorprese maggiori. A chiunque abbia consumato questo pasto della giornata in Germania, Inghilterra, Scozia, troverebbe che qualità e quantità differiscano da una tipica colazione, e ancor più da quella italiana. Ho trovato questa condizione sia a Chernobyl che a Kiev, si andò ben oltre i limiti che ci poniamo normalmente a tavola a quell’ora della giornata. Ciò che è da subito evidente è la difficoltà di distinguere una colazione da una cena.
Di seguito si vedono alcuni antipasti già presenti sulla tavola, prima delle portate. Più caratteristici i piatti con i pesci fritti e le ultime frittelle.
Mi capitò così di trovare una tavola imbandita di antipasti di insalata, formaggio uova, fagioli, mais, pesci fritti, ma forse più insolita pasta, zuppa, ravioli (piatto tradizionale Ucraino, detti Varenyky), senza distinguere se questi fossero adatti ad una colazione, o alla cena. Ovviamente, da buongustaio, i piatti a qualunque ora della giornata sono stati rimossi dalla mia postazione dopo esser stati ben lucidati. Sprecare cibo è un crimine, soprattutto in un paese più povero. A confermare questa tendenza i self service imbanditi dei due hotel di Kiev, più occidentali nello stile, ma con piatti di ogni tipologia disponibili a colazione. Con riso e spezzatino con i funghi feci infatti l’ultima colazione (sarebbe forse meglio evitare di mangiare funghi in Ucraina, e soprattutto in Bielorussia, a meno di conoscerne la provenienza).
Di seguito alcuni piatti principali, che possono essere messi di fronte a colazione oppure a cena. In basso a destra una variante del borscht, che tradizionalmente è più rosso, fatto con barbabietole e panna acida.
Reperire alimenti a Chernobyl è possibile negli spacci, anche se la disponibilità è alquanto limitata rispetto all’abbondanza di una più comune città delle medesime dimensioni.E’ forse la scelta di alcolici quella più abbondante, tra vodka, altri liquori, birra e acqua in bottiglia. Sono presenti anche alcuni souvenirs.
Mi stupì invece notare una donna che usava questo antico metodo per calcolare l’ammontare della somma.
I visitatori a Chernobyl sono soggetti ad alcune regole di base che limitano la libertà di movimento. Non è infatti permesso guidare con propri mezzi, è necessario quindi avere un furgone a noleggio con autista, oltre alla guardia che segue gli spostamenti. Ciò contribuisce a far salire i costi di queste brevi permanenze. E sono solo i permessi ufficiali uniti alla fiducia ottenuta dalla guida assegnata dall’Autorità della zona che permettono di stabilire quale siano i limiti di libertà d’azione all’interno della zona di esclusione. Fummo fortunati, si verificò infatti una delle migliori condizioni, probabilmente difficile da ripetersi in futuro.
Muoversi a Chernobyl senza guida non credo sia possibile, non ho compreso del tutto le limitazioni di orario, probabilmente una sorta di divieto\coprifuoco vige oltre le ore 20 per i visitatori.
La mancata comprensione unita alla curiosità spinse un trio italo-polacco-svedese ad avventurasi nell’oscurità tra le numerosissime case di legno abbandonate nella boscaglia della città. Sono numerosissime, essenzialmente vuote ma lasciano comunque trasparire di tanto in tanto la presenza di tracce di vita vissuta al loro interno.
Il passaggio tra una e l’altra , tra un settore ed il successivo, ci fece pensare ad un certo punto di aver smarrito la strada del ritorno. Poi ritrovata, non era certamente il luogo adatto per perdersi. A Chernobyl di notte regna un silenzio tombale, interrotto solo saltuariamente da qualche automezzo di passaggio o il rumore di una porta tra le tante case di incerta abitazione.
Per chiudere il tour fummo portati in un’area appartenente al vecchio campo sportivo, dove sono stati depositati alcuni mezzi militari, apparentemente contaminati dalla segnaletica presente, ma è parsa solo una scenografia per turisti, dato che di contaminazione su qui carri armati non ce n’era la minima traccia.
Al termine del percorso ci fu la visita ad una chiesa di Chernobyl, che dava un tono meramente turistico a quella visita che fino ad allora era parsa invece eccezionalmente fuori dai canoni di un qualsiasi viaggio.
Si trattava di riempire gli ultimi momenti di presenza, così come rivelare una leggenda popolare che vorrebbe il luogo sacro immune dalla contaminazione radioattiva, che qui 26 anni prima non si depositò, ma questo atto di fede non è chiaramente sostenibile da alcuna prova documentale, quindi fu preso per buono, e si andò oltre a concludere il tour.
La mancanza di tempo permise di visitare solo alcune case in abbandono nella boscaglia, diverse da quelle viste una notte precedente alla luce delle torce. Nella sola mezzora data, cercai velocemente di vistarne alcune, affidandomi al caso, e chiaramente potendo lasciare emergere poco delle sensazioni che un luogo così denso di passate presenze porta con sè.
Avendo già avuto certezza nella precedente uscita notturna del loro quasi completo svuotamento, con una ricerca più fortunata e attenta non mancarono di rivelarsi all’occhio del visitatore elementi di vite trascorse.
Gli articoli proseguono con i dettagli delle visite ai vari luoghi, durante i quattro giorni di permanenza.