Ucraina 18\19 Agosto 2011: a Novoyavorivsk con resti di escavatori ed ex laveria
Il 18 Agosto ci ritrovammo di nuovo in auto in cinque, stretti come sardine diretti a Novoyavorivsk, per un paio di escavatori, attorno ad una vecchia miniera a cielo aperto.
La lezione era ormai chiara, darsi aspettative era solo fonte di insoddisfazione. Giunti in prossimità di questi giganti di ferro silenziosi udimmo dei rumori, l’area era ora un cantiere per la loro dismissione. Ciò limitò solo in parte la libertà d’azione. Sfumò la possibilità di scalarne le alte vette.
E così incamminandoci tra sentieri fangosi e selvaggia vegetazione fu un altro bagno di sudore, sotto un sole cocente, lunghe strade polverose dal cui fondo poteva solo arrivare un altrettanto polveroso autocarro.
La zona mineraria è ora diventata un grande lago. Oltre alle macchine rimaste si percepisce un’atmosfera di desolazione, rovina, ci sollevava solo il buonumore e la determinazione ad andare avanti, malgrado l’incertezza che aleggia sopra ai luoghi industriali ucraini.
Lo scorso anno fu coniato un termine per i viaggi organizzati approssimativamente da “esploratori urbani” con scarse conoscenze e mancanza di contatti internazionali. Il cosiddetto “demolition tour”, ovvero un elenco di visite a luoghi parzialmente o del tutto demoliti, museificati, estremamente vuoti. Cominciò a sorgere quindi in noi l’idea che il destino ci avesse preparato uno scherzo, ripagandoci con una simile vacanza.
Attingendo ad un inesauribile riserva di speranza, fummo decisi nel compiere un altro passo: la gigantesca laveria dello zolfo, poco più a nord, sebbene già pesantemente demolita, doveva proprio fornire immagini di un paesaggio industriale ampio e ampiamente devastato.
Tra i pochi edifici esistenti, di incerta funzione, la presenza di muschio negli edifici lasciava intendere che l’abbandono si era evoluto in condizioni ottimali, purtroppo però la demolizione ha posto fine anche a questa rovina del Novecento.
Tra le varie cianfrusaglie e testimonanze archeologiche c’erano alcuni resti di tessere del sindacato comunista.
Giunti al tetto, con il 300mm si osservava che in mezzo alle macerie si muovevano non solo sparuti operai, ma altri individui di più incerta provenienza, che raccoglievano pezzi di ferro in quel deserto di sassi e polvere.
Per meglio cogliere il panorama circostante un altro palazzo ancor più alto, brutto quanto un ecomostro di periferia e misteriosamente chiuso con un lucchetto, fu scalato fino alla cima.
La maestosità degli altiforni occidentali, gli impianti integri che passavano veloci nella nostra memoria di breve periodo, lasciati alle spalle con la nostra partenza, dava spazio ad altre immagini attuali, perlopiù costruite da blocchi deformi di cemento armato, cumuli di mattoni, rottami, scheletri, ma forse per questo più rappresentativi dello sgretolamento del blocco sovietico e della sua potente industrializzazione.
Il programma della giornata era esaurito, ed abbandonandoci alle guide locali ci lasciammo trasportare come degenti verso il termine di una lunga malattia.
Giunti ad un paese di cui il nome mi rimarrà per sempre oscuro, ma senza rimpianti, alla vista di un orribile cotonificio non ci fu ormai nemmeno più una reazione emotiva.
Infierendo su di noi un sadico futuro ci riservava a pochi minuti l’ennesimo ecomostro cittadino, che avrebbe perlomeno permesso di fotografare il paesaggio circostante. Persino questo si rivelò essere frequentato da una ipotetica guardia. Anche di fronte a questa rivelazione la mente razionale non potè trovare valida spiegazione, ma solo un indifferente dietro front.
Questa vacanza permise anche di archiviare una certa dose di spezzatino ordinario urbano e quotidiano. Ecco un banchetto di vendita del quartiere.
Ci si tolse più tardi una diversa soddisfazione, trovando finalmente in un menù i tradizionali “vareniki”, ravioli ucraini, pur gustosi. Non senza scoprire però anche una prelibatezza come la pizza in ucraina.
19 Agosto: giornata di relax cittadino a Lviv
Trascorso il tempo necessario per metabolizzare le impressioni si potrebbe affermare che la pausa del 19 fu una linea di confine tra due vacanze: cambiarono i luoghi, la tipologia del paesaggio, le condizioni atmosferiche, gli accompagnatori, ma soprattutto cambiò il nostro destino, che dalle numerose rinunce a cui ci eravamo abituati, si trasformò in una serie di piacevoli sorprese, finalmente il vento cominciò a girare nella giusta direzione.
Prima però ci fu una pausa cittadina.
Lviv è una città che merita una visita non superficiale, non è ampia, ritagliandosi un paio di giorni per dedicarle maggiore attenzione fu necessario, anche per ricreare un senso di benessere psico fisico dopo i numerosi “Net” pronunciati in risposta alle nostre richieste.
Mi gustai la visita alla città alzandomi quando il sole era ancora basso, un luogo pressochè deserto dove solo i primi autobus, le vecchiette in preghiera, i netturbini, animavano queste antiche strade.
Al pomeriggio trovai il tempo per incamminarmi su una alta rupe, per uno sguardo sulla città, con i suoi contrasti urbano-industriali.
Segue: Le miniere di Chervonograd