Bugie nucleari di Silvia Pochettino – Libro
Quando tornai da Chernobyl la prima volta, a fine Maggio 2011, pensai di aver vissuto una incredibile esperienza, e certamente lo era stata, ma qualcosa mancava, sentivo il vuoto sapore che ho provato ogni volta che ho osservato le migliaia di foto presenti nei siti web internazionali, con tutte quelle bambole, sedie, giostre, prive di un significato, o forse io non riuscivo ad attribuirglielo. Questi ed altri soggetti compaiono anche nelle mie fotografie, ma c’era dell’altro che mi ero riportato a casa, la sensazione che Chernobyl fosse enormemente molto più che un fatto estetico avventuroso. Da ciò la necessità di andare sempre più a fondo. E quindi tornai.
In Italia esiste una associazione, Mondoincammino, che mediante un portale dedicato, permette di avere una più che esauriente informazione su quel tragico episodio della storia umana. Aggiungerei oggi tragico anche per la storia futura. Dell’associazione avrò modo di parlarne in futuro, basti ora sapere che hanno prodotto una serie di strumenti informativi, libri, dvd, che ampliano i contenuti dell’informazione, ciò che riguarda le vicende umane, la sofferenza, i danni ambientali.
In una breve presentazione Massimo Bonfatti, il presidente,sintetizza la problematica attuale del nucleare, fatta di silenzi e inganni, dando degno risalto ad attori poco noti, ricordando la perdita della memoria e del sacrificio dei liquidatori, i russi buttati nelle prime linee di quella battaglia combattuta attorno alla centrale nell’Aprile 1986 contro un invisibile nemico, senza il sacrificio dei quali oggi l’Europa si potrebbe ritrovare un debito di contaminazione con pesanti e irreversibili conseguenze.
La giornalista Silvia Pochettino racconta con toni drammatici l’incalzare degli eventi a seguito dell’incidente, ma sono anche i silenzi descritti delle autorità a lasciare soprattutto perplessi. Si percepisce la tensione vissuta da Vassili Nesterenko, in quegli attimi in cui era impegnato nelle ricerche in campo nucleare anche militare dell’ex URSS, il quale vive l’urgenza di comunicare l’episodio, contattare i membri del partito in merito alle reali conseguenze, senza ottenere la dovuta attenzione. Erano le ore , i giorni immediatamente successivi all’incidente del 26 Aprile 1986. I livelli di radioattività da lui registrati anche a Minsk, la capitale della Bielorussia, impressionano per le dimensioni. Malgrado questo la vita sembrava non esserne minimamente modificata. Rischiò la vita, sia per le radiazioni che per l’opposizione al potere Bielorusso. Se ne andò nel 2008, non senza lasciare un’importante traccia di sé in tutta questa vicenda.
Il racconto alterna capitoli dedicati al fisico nucleare ed a una coppia, Yuri Bandazhevsky e la moglie Galina, entrambi medici. Yuri nel 1990, si vide persino assegnare l’incarico per creare un istituto universitario a Gomel, in zona contaminata a 120 chilometri dalla centrale. Fu la moglie di Bandazhevsky ad osservare per prima un incremento esagerato di malattie cardiache in bambini, cosa che confermò al marito l’ipotesi da lui studiata sulle cavie, in merito ai danni derivanti dall’esposizione al Cesio 137.
Per chiunque abbia una conoscenza superficiale dell’incidente di Chernobyl questo libro lascia a tratti senza parole, il pensiero si fissa su quella o quest’altra frase che colpisce, chiedendo a noi stessi, come si sia potuto nascondere una cosa simile. L’Europa nel 1986 ha rischiato una tragedia di proporzioni continentali. Il sacrificio di persone coinvolte nello spegnimento dell’incendio, esposte a livelli di radioattività incompatibili con la vita umana, ha permesso di fermare una contaminazione che avrebbe avuto pesanti ricadute anche a migliaia di chilometri. Dei 600.000 liquidatori, intervenuti per rimuovere la contaminazione, un terzo sono stati dichiarati nel 2001 come invalidi. L’eventuale esplosione del reattore, scongiurata con il versamento di azoto liquido sul reattore solo dieci giorni dopo, avrebbe distrutto un’ampia area tra la Bielorussia e l’Ucraina, e “reso inabitabile una parte dell’Europa”. Fenomeni di dimensioni tali da rendersi difficilmente credibili. Le fonti ufficiali della propaganda nucleare invece si ostinano ancora oggi a fornire cifre sull’episodio che appaiono, a fronte di questa lettura, tragicamente risibili.
Il racconto dell’evacuazione delle popolazioni assume persino i caratteri di una deportazione quando le cronache vorrebbero farci pensare ad un accompagnamento in zone più sicure.
La Glasnost (trasparenza) di Gorbachev permise che si togliesse la segretezza sui fatti di Chernobyl, si istituì quindi una commissione di studio. Ma erano parvenze di cambiamento, tant’è che quando Vassili decise di pubblicare alcune lettere, spinto dal premio nobel Sakarov suo amico, che mettevano il Cremlino in cattiva luce sulla gestione dell’incidente, prima minacce telefoniche poi un incidente da cui si salvò per miracolo, resero chiaro che lo volevano eliminare.
Circa 170 pagine si leggono in un paio di giorni, il desiderio di sapere spinge avanti nella lettura senza sosta.
Al termine, oltre al “Manifesto per l’indipendenza dall’OMS” (Organizzazione Mondiale della Salute), ed una breve cronistoria dell’incidente, è stato incluso un documento che dischiude una verità che spiega tanti silenzi e attentati alla salute mondiale da mezzo secolo. E’ il trattato firmato dall’AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica) e dall’OMS nel 1959, per non interferire reciprocamente nei propri interessi, ovvero ciò che ha significato la censura di molti significativi dati e notizie relativi agli incidenti nucleari e alle loro reali conseguenze, mascherate da una continua e feroce propaganda nuclearista.
Un libro da leggere in tenera età, da diffondere in sette miliardi di copie, perchè tutti oggi subiscono la minaccia nucleare, ed in tale condizione si troveranno anche le generazioni future, a cui lasceremo in custodia per un tempo estremamente lungo l’eredità radioattiva.
Carlo Spera Editore
224 pag. 12€